Nani, giganti e leadership: una prospettiva dal tatami

C’è qualcosa che la maggior parte delle persone cerca con un affanno quasi isterico. Più della pace, più dei soldi o del sesso. Anche più della vita stessa.

Potere. Supremazia. Autorità. Leadership.

Tutti ne siamo testimoni. Il mio osservatorio sul mondo, fatto da oltre due decenni di esperienza professionale acquisita assistendo lo sviluppo di progetti in decine di team in molte aziende, dipartimenti e gruppi, mi ha presentato spesse volte lo stesso spettacolo

Come quegli animali nei bellissimi documentari in onda su National Geographic, siamo spesso ossessionati dall’idea di dimostrare di essere il maschio (o la femmina) alfa all’interno dei nostri gruppi.

Uno degli aspetti più divertenti (o tragici, se vogliamo) di questo tipo di comportamento è il caso inevitabile e quasi onnipresente che accade quando chi ha un ruolo di leadership è privato della sua autorità da coloro che dovrebbero seguire una … “guida ispirata”. Il maschio alfa c’è, ma solo sulla carta. E il branco fa un po’ a modo suo.

Quando ciò accade, e succede molto spesso, avviene un cortocircuito, e così accade che:

  • il cosiddetto “leader” sia profondamente frustrato e cerchi con forza un qualche riconoscimento del suo ruolo, rimarcando il rispetto all’autorità dovuto dalla sua posizione, e causando drammaticamente una reale incapacità di ispirare davvero i colleghi e i membri del gruppo;
  • i compiti vengano svolti da uno o più individui che incarnano il concetto di responsabilità in un modo più silenzioso e meno evidente. Le persone intorno a loro si fidano di loro e ad essi si riferiscono per dubbi, suggerimenti, consigli;
  • il “leader” – che non è un idiota, di solito – subodora che la sua leadership sia minacciata ma anziché integrare, apprezzare e incoraggiare una leadership condivisa nell’interesse di un quadro più ampio, spesso si comporta come un bambino piagnucoloso. Sottolineando i difetti degli altri e rendendo l’ambiente estremamente tossico. E dedicando alla ricerca della leadership perduta (e mai acquisita) un sacco di tempo ed energie.

Normalmente, i nani aspirano ad essere più alti, mentre i giganti non hanno queste pretese.

Ad essere onesti, a volte succede che i giganti esitino e siano riluttanti ad essere guidati da un nano intelligente e talentuoso: c’è sempre un gene oscuro da maschio alfa nascosto da qualche parte dentro di noi.

Definire una cornice è la condizione essenziale per la possibilità di sviluppare un capolavoro all’interno della cornice stessa. Un certo ordine è una buon viatico per la libertà creativa degli artisti.

Disciplina e ispirazione, regole e fantasia, gerarchia e valorizzazione dell’individuo … Questi sono gli ingredienti di una società equilibrata – e forse questo è uno dei motivi per cui tutti noi stiamo assistendo alla sua degradazione.

Pratichiamo discipline marziali  che sono definite tutte manifestazioni di un unico “budo”, che, letteralmente, significa la via per evitare e prevenire la guerra, il conflitto.

Per quelle discipline, come l’Aikido, che non prevedono una competizione ufficale, sembra che non ci sia spazio  per i problemi legati alla presenza di maschi alfa… Eh sì, noi aikidoka siamo superiori…

Al contrario, come ogni altro gruppo umano, il nostro ego compare in molte occasioni.

Per esempio, nel Dojo, quando l’impazienza spinge un principiante a non seguire alcune istruzioni date dal sensei; o spinge un senpai a credere che il suo viaggio sia finito e non c’è più nulla da imparare; o spinge il sensei a pensare che non verrà mai fuori qualcosa di buono per lui o per lei da quella fila di sottosviluppati che si inchinano davanti a lui (o lei).

Grazie a Internet, la competizione spesso si sposta su un livello diverso. Una disciplina che, nella visione del suo fondatore, era intesa come uno strumento per unificare la famiglia umana, diviene il pretesto per mostrare assurdi pregiudizi, per giudicare i percorsi altrui, per magnificare il nostro stile, per esaltare il grado ottenuto… E così via, in un’ostensione quasi quotidiana di tacche e mostrine, di gradi e lineage, che dovrebbero rappresentare un riconoscimento onorifico, da un certo dan in poi e che invece sono usati per sembrare migliori. Di chi?

E più ci comportiamo in questo modo, più creiamo divisione e più perdiamo la presa su una vera leadership.

Le conseguenze sono abbastanza ovvie.

Frammentazione, dibattiti senza fine, persone che si combattono virtualmente sul web che, più tardi, postano foto auliche con citazioni iper-zen sull’armonia, la purezza …

Andiamo, dai.

Non c’è niente di sbagliato nel riconoscere noi stessi come persone che a volte sbagliano. Persone che stanno camminando lungo un sentiero.

Scoprire di nuovo l’umiltà potrebbe essere un eccellente antidoto e potrebbe far brillare il fuoco.

Di vera leadership e vero impegno.

 

Disclaimer Photo by Sagar Dani on Unsplash

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