Non si può chiudere a chiave il Sole: il concetto di “ma” (spazio).

Tutte le Arti Marziali e tutti i sistemi di combattimento affrontano con cura lo studio della distanza, dello spazio.

Così come avevamo fatto per il kuzushi (lo sbilanciamento), anche in questo caso partiamo dall’ideogramma giapponese “ma”, 間.

In questo kanji si possono individuare i suoi due componenti: al centro, racchiuso dalla stilizzazione di una porta (門, kado), troviamo l’ideogramma del Sole (日, hi).

Non c’è bisogno di scomodare Gino Paoli con la sua Il cielo in una stanza per capire che tradurre ma con spazio o distanza è piuttosto riduttivo. E che nella prospettiva originale, ma ha valenze contemporaneamente spaziali, temporali, mentali, relazionali…

Nello studio dell’armonizzazione dei reciproci spazi, o 間合い ma-ai, emergono quindi componenti a diversa granularità.

Ad un livello macroscopico, tutte le infinite combinazioni di attacco, ricezione e difesa si giocheranno strategicamente su tre livelli di distanza:

  • Toi-ma (o too-ma 遠い間), quando la lunga distanza nella coppia è tale per cui una qualsiasi forma di difesa è perfettamente inutile perché non è possibile essere raggiunti da alcun attacco;
  • Issoku itto no ma (一足一刀の間), letteralmente, distanza di un passo una spada. E’ il momento in cui la coppia è prossima all’attacco, quando basta il passo di uno dei due per invadere la zona di sicurezza altrui;
  • Chikai-ma (近い 間), che è la distanza ravvicinata.

Queste terminologie si rifanno alla tradizione delle scuole di spada giapponesi ed hanno una valenza universale.

Ad un livello più fine si colgono aspetti che emergono anche dal vissuto di questi giorni in cui la distanza reciproca è percepita come potenziale minaccia o, contemporaneamente, strumento per preservare la reciproca incolumità.

Su tutti la densità variabile di spazio e tempo in funzione della situazione. Nella distanza dilatata del too-ma la coppia è tutto fuorché passiva. E’ già annodata vicendevolmente (musubi) dall’intenzione di accettare la situazione conflittuale per poter superarla.

E’ esperienza piuttosto comune essersi sentiti avvolti dalla sfera dell’intenzione di qualcuno, sul tatami e fuori. A volte abbiamo condotto noi le danze, sentendo quanto possa essere importante la fase della gestione delle distanze lunghe (e quanto possa essere manipolatoria).

In questi tempi in cui si disserta con preoccupata isteria di droplet distance, chiedendosi se basti un metro, un metro e ottantadue, quattro metri e mezzo di distanza da una persona per non essere ammorbati, non fa male ricordarsi che…

…Lo spazio/tempo è quel luogo in cui si riesce a richiudere il Sole in una stanza.

Il che, in fin dei conti, ci ricorda il grande potere che abbiamo: possiamo per assurdo chiudere ogni infisso e  arrivare a negare l’esistenza della luce del Sole.

O possiamo permettere che la luce invada istantaneamente ogni ambiente, non appena abbiamo il coraggio di accettare la distanza tra noi e quanto ci circonda.

Perché l’aspetto più difficile, in conclusione, non è provare a capire come faccia a stare il Sole in una stanza, ma saper declinare questo fatto con quel piccolo kanji 合, ai, che ci ricorda che l’armonia richiede un’umile capacità di equilibrio cui non siamo abituati.

E laddove ci sentiamo obbligati a rimanere in casa per un po’ per preservare noi e gli altri, il nostro spirito anarcoide manda al macero anni di tanti bei discorsi sul “preservare l’avversario”; così come il “chiudetevi in casa” può diventare la comoda scusa per giustificare la nostra incapacità di vivere il nostro spazio e il nostro tempo anche in condizioni normali.

 

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